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La tradizione del Carnevale

Il Carnevale è da sempre la festa dei bambini, ma coinvolge anche gli adulti, anzi, si potrebbe dire che è un modo per i grandi di ritornare bambini, allegri e spensierati, approfittando di questi giorni per giustificare l’allegria e le stramberie.
I temi religiosi e le pratiche pagane s’intrecciano in virtù degli aspetti più controversi del suo cerimoniale.
Il carnevale è una festa di grande complessità e valore storico, dal punto di vista antropologico un evento corale inteso come rituale di trasmissione , trasformazione e rovesciamento delle parti con il successivo ripristino dell’ordine naturale.

LA TRADIZIONE DEL CARNEVALE

Le origini della festa sembrano religiose, infatti il Carnevale è collegato direttamente alla Pasqua, che cade sempre la domenica dopo il primo plenilunio (luna piena) di primavera.
Dalla Pasqua si sottraggono 6 settimane (di cui 5 sono di Quaresima), la settimana precedente ad esse è quella in cui si festeggia il Carnevale e termina il Martedì grasso, giorno che precede il Mercoledì delle Ceneri, quando ha inizio la Quaresima.
La Chiesa cattolica considera il Carnevale come un momento per riflettere e riconciliarsi con Dio.
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 I principali eventi si concentrano comunque tra febbraio e marzo.
Si tratta quindi una festa che si celebra nei paesi di tradizione cattolica, in occasione della quale i festeggiamenti si svolgono spesso in pubbliche parate, con l’avvicendarsi di elementi giocosi e fantasiosi; con un particolare carattere distintivo, l’uso del mascheramento.
La tradizione del Carnevale ha però origini molto antiche, risale a tradizioni precristiane, alle feste dell’antica Roma, riti fortemente propiziatori per la fertilità della terra, dopo la stasi invernale, alcune testimonianze  hanno dimostrato che le prime manifestazioni che  ricordano il carnevale nel mondo risalgono a 4000 anni fa.
Gli Egizi , fin dai tempi delle dinastie faraoniche, furono i primi ad ufficializzare una tradizione carnevalesca, con feste, riti e pubbliche manifestazioni in onore della dea Iside, che presiedeva alla fertilità dei campi e simboleggiava il perpetuo rinnovarsi della vita.
Il Carnevale è, quindi, una festa popolare, che risale ai riti tradizionali della stagione invernale.
L’esplosione di gioia e l’uso della maschera avevano la funzione di allontanare gli spiriti malefici.
La maschera, infatti, rendendo l’uomo simile agli animali, gli dava un potere simbolico e temporaneo sugli animali sacri.
Gli antichi romani si abbandonavano a festeggiamenti, che richiamano il carnevale odierno, durante i “Saturnali”, feste dedicate al dio Saturno (divinità italica delle sementi), che iniziavano il 17 dicembre e si protraevano per sette giorni.
La festa veniva inaugurata a Roma, con un sacrificio solenne, seguito da un generoso banchetto pubblico.
Seguivano, poi, festeggiamenti di vario genere (gioco d’azzardo, allegre bevute, scambio di doni più o meno simbolici), che spesso sfociavano in eccessi.
Durante i Saturnali tutto era consentito, in particolare era in uso lo scambio dei ruoli, indossando gli abiti altrui; gli schiavi venivano, ad esempio, serviti dai liberti o da i padroni e potevano concedersi ogni libertà!
Con l’avvento del cristianesimo, il Carnevale continuò ad essere celebrato, ma perse il suo contenuto magico e rituale.

Durante il Medioevo, il clero tollerò le feste popolari, anche le più grossolane, come la festa dell’asino e la festa dei folli (feste popolari, caratterizzate da gare tra asini o, nel secondo caso, dalla celebrazioni di stravaganze, definite follie),  i festeggiamenti del Carnevale avevano breve vita concentrandosi in soli due giorni, il giovedì grasso e la domenica, nel XV secolo Paolo II Barbo, amante delle feste e dei divertimenti, portò a nove giorni la durata del Carnevale.

Altra novità istituita da Paolo II fu inaugurare il carnevale con un sontuoso corteo in maschera che, in sintonia con il recupero umanistico della classicità, celebrava Dei ed eroi dell’Olimpo con il loro seguito di ninfe, fauni ed amorini, la grandezza di Roma e del sovrano pontefice.

Nel corso del XVI secolo il carnevale si svolse quasi regolarmente con mascherate, cortei di carri figurati, corse, giostre e fuochi d’artificio secondo un programma che i magistrati capitolini presentavano al pontefice per l’approvazione.
Altre novità furono l’introduzione del lancio dei confetti in sostituzione degli oggetti a suo tempo proibiti e negli spettacoli delle “giustizie”, esposizione dei condannati ed esecuzione delle pene, che avrebbero dovuto servire da ammonimento per quanti avessero voluto compiere atti criminosi durante il carnevale.
Durante i secoli, il Carnevale, ha stimolato anche la nascita di celebrazioni in forma di combattimento rituale, in cui venivano evidenziate le lotte fra varie parti di una stessa Città (quartieri, rioni, come ancor oggi avviene ad esempio nella battaglia delle arance di Ivrea), o fra classi sociali diverse dei cittadini.
Così durante il Carnevale prendevano piede le battagliole fra circoscrizioni, borgate in cui i gruppi provenienti da ogni ceto sociale si affrontavano a colpi di sassi, bastoni (oggi sostituiti da manganelli di plastica e, negli ultimi anni, dalla schiuma da barba), mentre i signori duellavano “elegantemente” dentro i palazzi.
Più tardi presero piede le maschere, che consentivano anche ai poveri di fingersi ricchi e potenti grazie a semplici travestimenti e scambi di ruoli mentre fra i nobili si organizzavano giochi di origine cortese dov’era importante dimostrare grande prodezza nell’utilizzo delle armi.
Anche l’uso di gettare i coriandoli è molto antica: una volta erano fatti con i semi di una pianta chiamata, appunto, “coriandolo”, questi semi venivano tuffati nel gesso e poi lasciati seccare.
Così assomigliavano a confetti, fatti apposta per essere lanciati dall’alto dei carri mascherati o da balconi e finestre.
I primi coriandoli di carta furono forse inventati da un milanese che li distribuì ad una festa di carnevale per bambini.
In Italia il Carnevale è stato sontuosamente celebrato per secoli.
Ancora oggi sono visibili i tratti di quest’antica festa nel Carnevale di Venezia, in quello di Viareggio, di Cento e di tante altre località, grandi e piccole, famose o quasi sconosciute.

DA DOVE VIENE IL NOME?

L’etimologia della parola Carnevale è molto discussa: potrebbe derivare da “Carnem-levare”: intonare un canto; da “carnevale” o “carnasciale”, dalla tradizione medievale di consumare un abbondante banchetto di “addio alla carne” la sera precedente il mercoledì delle Ceneri, prima dei digiuni quaresimali e ancora da
“Carna-aval” sempre un invito a non mangiare carne o dalle Carnalia feste in onore di Saturno e ancora c’è chi la farebbe risalire al “Carrus Navalis” carri a forma di nave usati a Roma nella festa in onore di Iside (Isidis navigium) che consisteva in una sfilata di maschere al seguito di una barca di legno con l’immagine della dea che veniva portata verso il mare per benedire l’inizio della stagione velica.

PERCHE’ CI SI MASCHERA?

Il mascherarsi rappresenta un modo per uscire dal quotidiano, disfarsi del proprio ruolo sociale, negare sé stessi per divenire altro.
La pratica di mascherarsi (etimologicamente maschera deriva dall’arabo mascarà, che significa scherzo), più tarda, proviene invece dai Baccanali, feste in cui il non farsi riconoscere era un’esigenza dovuta agli eccessi di ogni tipo che si compivano.
Inizialmente ci si dipingeva solo il volto, mentre in seguito nacquero le maschere mobili, fatte di legno, cuoio o metalli preziosi.
L’uso della maschera è antichissimo e si può già ritrovare all’origine della storia degli uomini.
Venne utilizzata fin dalla preistoria per rituali religiosi, rappresentazioni teatrali o feste popolari come il carnevale.
Probabilmente deriva dal latino medioevale màsca, strega, tuttora utilizzato in tal senso nella lingua piemontese.
Si trova traccia dell’origine del termine nell’antico alto tedesco e nel provenzale masc, stregone.
Dal significato originale si giunge successivamente a quello di fantasma, larva, aspetto camuffato per incutere paura. Alcuni la fanno derivare dalla locuzione araba maschara o mascharat, buffonata, burla.
Originariamente era indossata per nascondere le fattezze umane e, nel corso di cerimonie religiose, per allontanare gli spiriti maligni.
In seguito, prima nel teatro greco, successivamente in quello romano, la maschera venne usata regolarmente dagli attori per sottolineare la personalità e il carattere del personaggio messo in scena, fino al fiorire in Italia della “Commedia dell’Arte”.
Nel Settecento si cominciò a diffondere l’usanza di utilizzare le maschere teatrali della Commedia dell’Arte come travestimenti carnevaleschi.
La pratica coinvolse principalmente il popolo, per cui i vestiti sgualciti e logori di Arlecchino, Brighella o Gioppino non richiedevano una spesa ingente.

MASCHERE, CORIANDOLI E CARRI ALLEGORICI

I festeggiamenti si svolgono in pubbliche parate e sfilate in cui l’elemento più caratteristico è la tradizione del mascheramento e l’uso dei carri allegorici di cartapesta che trattano svariati temi, dalla satira politica, alla storia, dalla religione a temi di attualità.
Inoltre si mangiano dolci e cibi tradizionalmente tipici legati a questa festa.
Le cronache degli ultimi due secoli sono piene di notizie curiose riguardanti le maschere.
Ai primi dell’800, ad esempio, Napoleone ordinò che l’unico abbigliamento delle maschere fossero collane di fiori, sciarpe e cappelli colorati da indossare su vestiti di raso bianco o color pastello.
Volle così eliminare i costumi troppo elaborati sotto i quali potevano facilmente essere nascoste delle armi.
Nel 1810 la corte di Francia spese ben un milione di franchi solo per gli addobbi ed il buffet per la festa di Carnevale, e nel 1812 molti invitati si presentarono al ballo mascherato con abiti letteralmente ricoperti di pietre preziose.
L’abitudine di tirarsi addosso qualcosa fu molto diffusa.
A Firenze i monelli si lanciavano dei sassolini, in Liguria petali di fiori, in Perù, Bolivia e Venezuela addirittura dei palloncini di gomma pieni d’acqua!
Ma mancava ancora l’allegria dei coriandoli che sono, invece, un’invenzione molto recente.
L’ ideò, a 14 anni, il triestino Ettore Fenderl che sotto il balcone di casa sua sfilava un corteo di maschere ed egli, desideroso di partecipare alla gioia comune, stracciò in minutissimi pezzi dei fogli di carta colorata e li lanciò sul corteo.
I coriandoli sono piccoli ritagli di carta colorata usati nelle festività per essere lanciati in aria o su persone.
Spesso il loro uso è abbinato a quello delle stelle filanti.
In inglese, tedesco, francese, olandese, svedese e in spagnolo sono stranamente chiamati con il termine italiano di confetti.
Nel Rinascimento per Carnevale i semi del coriandolo venivano glassati con lo zucchero, e da li iniziò la tradizione dei coriandoli a Carnevale, in un secondo momento formati da pallottoline di gesso, attualmente dischetti di carta multicolori.
Le stelle filanti sono lunghe strisce di carta colorate che lanciate insieme ai coriandoli danno ancora più colore ed allegria al carnevale.
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